Era il 28 gennaio 1969, quando al largo delle coste di Santa Barbara, in California, l’esplosione della piattaforma petrolifera della Union Oil provocò la dispersione in mare di più di 10 milioni di litri di petrolio.
Fu uno dei disastri ambientali più gravi della storia del pianeta. Migliaia di animali marini furono uccisi dal petrolio, che provocò danni irreversibili per l’ambiente. L’evento ebbe un impatto tale sull’opinione pubblica che, il 22 Aprile 1970, aderì massicciamente all’evento organizzato dal Senatore Democratico Gaylord Nelson, ideatore e promotore dell’Earth day.
Oggi, a 54 anni di distanza, la giornata mondiale della terra continua ad essere celebrata da 192 Nazioni con un obiettivo chiaro: ricordare la necessità di mantenere in salute l’ambiente e gli equilibri naturali del pianeta.
Con il tema “Restore our Earth” la giornata mondiale della Terra 2024 ci fa sentire in dovere nel rinnovare il nostro impegno che dal 2009, porta Blue Conservancy a lavorare ogni giorno, proprio per il ripristino e la conservazione del pianeta blu.
In più di mezzo secolo abbiamo sicuramente fatto molti passi avanti in campo di tutela ambientale ma stiamo davvero facendo abbastanza per assicurarci un futuro sul pianeta Terra? Ripercorriamo insieme la storia del primo “Earth Day” e cerchiamo di capire in che direzione stiamo andando.
Gaylord Anton Nelson, l’ideatore dell’Earth day
Gaylord Anton Nelson, fu senza dubbio una personalità molto forte e a tutti gli effetti controcorrente rispetto al contesto economico-sociale in cui visse. Fino ad allora la mentalità politica, aveva sempre messo al centro dell’attenzione il profitto e lo sviluppo economico della Nazione piuttosto che le problematiche ambientali derivanti dal consumismo.
Al contrario, Nelson fece da apripista alle prime teorie a favore di uno sviluppo responsabile, sostenendo quanto fosse necessario adeguare l’economia e le decisioni politiche alle necessità dell’ambiente e della biodiversità.
Durante il suo mandato da Senatore degli Stati Uniti d’America, prese ispirazione dai movimenti giovanili che manifestavano contro la guerra in Vietnam, per promuovere e provare a dare origine ad un vero e proprio movimento ambientalista.
In un primo momento le tematiche ambientali non trovarono terreno fertile a causa del consumismo dilagante degli anni del boom economico e, come spesso accade, per portare un problema all’attenzione del pubblico è necessario che questo si manifesti al massimo della sua potenza.
È l’economia che si deve adeguare alle regole della biodiversità, non il contrario
Gaylord Nelson
La goccia (di petrolio) che fece traboccare il vaso
Quel 28 Gennaio del ’69 la piattaforma petrolifera della compagnia Union Oil, situata a 10 chilometri dalle coste di Santa Barbara, iniziò a riversare in mare milioni di litri di greggio. L’incidente fu uno dei danni ambientali più gravi della storia del pianeta, il terzo in ordine di gravità dopo il disastro della Deepwater Horizon (2010) e l’Exxon Valdez (1989).
Foche, Cetacei, tartarughe, pesci e uccelli; migliaia di animali marini morirono soffocati dal petrolio disperso in mare; le spiagge si colorarono di nero.
Le immagini della devastazione causata dal petrolio fecero il giro del mondo e aprirono gli occhi a milioni di americani. La tutela ambientale iniziò a diventare un tema centrale nei dibattiti pubblici e gli eventi di sensibilizzazione organizzati da Nelson videro una grande adesione da parte della cittadinanza.
Le prime aggregazioni di cittadini che protestavano in modo isolato contro l’inquinamento causato delle fabbriche, l’uso incontrollato dei pesticidi e l’estinzione delle specie, riconobbero nel pensiero di Nelson un manifesto per unirsi e dare vita ad un unico grande movimento ambientalista.
Nel giro di un anno la voglia di riscatto degli americani si tradusse nella straordinaria partecipazione alla mobilitazione promossa da Nelson: L’Earth Day del 1970.
Il primo Earth Day
In appena un anno dalla tragedia di Santa Barbara, Università, College, organizzazioni indipendenti e singoli cittadini si coordinarono in un vero e proprio network che, sotto la guida del Senatore, portò all’organizzazione della prima giornata dedicata al pianeta Terra.
Il 22 aprile 1970 a New York, Philadelphia e nelle principali città americane, presero il via manifestazioni ed iniziative dedicate all’ambiente: comizi, marce per la natura e attività di pulizia per strade, spiagge e corsi d’acqua coinvolsero più di 20 milioni di cittadini americani.
L’evento ebbe un enorme cassa di risonanza mediatica e diede un’importante spinta per l’approvazione di nuove riforme a favore dell’ambiente tra le più emblematiche, la messa al bando del DDT nel 1972.
L’insetticida, fino ad allora era stato impiegato su larga scala in agricoltura ma si era rivelato essere tossico e con possibilità di effetti cancerogeni per l’uomo.
Il riconoscimento da parte dell’Onu
La svolta fu epocale. A meno di un anno di distanza, nel febbraio del 1971, la giornata del 22 Aprile venne riconosciuta ufficialmente dal segretario delle Nazioni Unite (ONU) come giornata mondiale della Terra.
La salvaguardia del pianeta e delle sue risorse iniziarono a diventare temi centrali per le politiche di sviluppo di molte nazioni che nel 1992, riunirono i capi di stato nel primo vertice internazionale su ambiente e sviluppo: la conferenza di Rio de Janeiro.
Passato presente e futuro
In più di mezzo secolo abbiamo sicuramente fatto molti passi avanti in campo di tutela ambientale ma stiamo davvero facendo abbastanza per assicurarci un futuro sul pianeta Terra?
Sviluppo ecosostenibile, crisi climatica, perdita di biodiversità e sovra-sfruttamento delle risorse sono temi che negli ultimi dieci anni sono entrati a tutti gli effetti a far parte della nostra realtà quotidiana eppure, sembra che ancora una volta, proprio come negli anni ’60, non riescano a fare presa sulla coscienza collettiva.
Cinquant’anni fa, furono sufficienti le poche immagini di una piattaforma petrolifera in fiamme per avere un impatto fortissimo sulla opinione pubblica che si mobilitò per la causa ambientale.
Oggi, grazie ad internet abbiamo accesso a milioni di informazioni. Studi scientifici, inchieste giornalistiche e documentari, come il nostro Overfishing, dimostrano in ogni modo che attualmente il nostro stile di vita non è conciliabile con alcun tipo di sviluppo sostenibile, men che meno con la salute del pianeta ma sembra che in pochi riescano a rendersene conto.
Assuefatti da milioni contenuti multimediali che ci portano ad essere sempre più superficiali ed indifferenti, continuiamo ad ingrassare il nostro ego con abitudini di consumo dannose per il pianeta.
Forse, in attesa che i problemi legati alla salute della Terra si manifestino al massimo della loro potenza.
Blue Conservancy e l’impegno per il pianeta blu
Con il tema “Restore our Earth” la giornata internazionale della terra 2024 ci fa sentire in dovere nel rinnovare il nostro impegno che dal 2009, ci porta a lavorare ogni giorno, proprio per il ripristino e la conservazione del pianeta blu.
Grazie ai centinaia di volontari e sostenitori che in questi anni si sono uniti attivamente alla nostra missione, scegliendo di non rimanere nell’indifferenza, siamo riusciti a raggiungere traguardi importanti.
Con l’attività del nostro Centro Recupero Tartarughe Marine di Brancaleone, abbiamo soccorso, curato e rilasciato in mare più di 700 esemplari vittime di pesca, inquinamento e traffico nautico.
Abbiamo pulito centinaia di chilometri di spiagge e lavorato a numerosi progetti di sensibilizzazione, divulgazione e di monitoraggio ambientale ma la strada da percorrere è ancora lunga e contiamo sull’aiuto di tutti.
Siamo e continueremo ad essere in prima linea per la difesa del Mar mediterraneo e di tutti gli oceani perché un mondo differente, non può essere costruito da persone che restano indifferenti.
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