Cetacei del Mediterraneo

I cetacei sono i mammiferi più abbondanti nell’ambiente marino. Ne esistono circa 85 specie e sono distribuite in tutti i mari del mondo. Si tratta di un gruppo molto variegato per dimensioni, abitudini e strutture sociali. Purtroppo, come tanti altri abitanti del mare, sono fortemente minacciati dall’attività antropica e in particolare dall’attività di pesca.

In copertina Balenottera comune (Balaenoptera physalus)

La vita nell’ambiente marino

I cetacei sono mammiferi e l’anatomia generale è a tutti gli effetti la stessa dei mammiferi terrestri. Hanno però dovuto adattarsi alla vita acquatica con delle modifiche nella forma del corpo: hanno le pinne al posto delle zampe anteriori e quelle posteriori sono state sostituite dalla coda.

Dobbiamo tenere a mente che l’acqua ha delle caratteristiche molto diverse dall’aria, tra cui ricordiamo la quasi assenza della forza di gravità. Cosa c’entra questo con i cetacei? Alcune specie hanno potuto crescere fino a dimensioni molto grandi che sarebbero incompatibili con la vita sulla terra in quanto animali tanto pesanti sulla terraferma verrebbero schiacciati dal proprio peso.

Odontoceti o Misticeti?

L’ordine dei cetacei comprende due grandi gruppi: Odontoceti e Misticeti. La differenza principale è nella dentatura: gli Odontoceti presentano denti simili a quelli dei mammiferi terrestri, mentre i Misticeti hanno i fanoni, ovvero denti costituiti da cheratina che somigliano a delle grandi spazzole, i quali servono per filtrare il plancton, la loro principale fonte di alimentazione.

Per semplificare, potremmo classificare i delfini come Odontoceti e le balene come Misticeti.

ATTENZIONE: il capodoglio, la famosa “balena bianca” della celebre opera “Moby Dick” (H. Melville) è in realtà un Odontocete!

Dimensioni

L’animale più grande al mondo è proprio un cetaceo: si tratta della balenottera azzurra, che può superare i 30 m di lunghezza e le 180 tonnellate di peso!

Il gruppo dei cetacei però presenta una varietà di dimensioni estremamente ampia: il più piccolo infatti è la Focena del Golfo della California (Phocaena sinus) che non supera una lunghezza di 1,4 m. In generale possiamo dire che gli Odontoceti sono mediamente più piccoli, mentre i Misticeti raggiungono tendenzialmente dimensioni maggiori.

NB: nei Misticeti gli esemplari femmina sono più grandi dei maschi, mentre per gli Odontoceti sono i maschi ad avere dimensioni più importanti.

L’ecolocalizzazione per comunicare, orientarsi e trovare le prede

Come tutti sappiamo, i Misticeti producono suoni melodici che sono comunemente noti come “il canto delle balene”. Ma come comunicano gli Odontoceti? Sfruttano un meccanismo particolare di vocalizzazione a “fischi e click”: utilizzano infatti queste due diverse tipologie di suoni che servono rispettivamente a comunicare con i propri simili (fischi) e a trovare le prede o in generale a orientarsi nell’ambiente (click).

I click infatti sono delle onde sonore che l’animale emette con una certa frequenza e quando incontrano un ostacolo (ad esempio una barriera fisica o una o più prede) ritornano indietro, come una specie di sonar. In questo modo gli Odontoceti possono facilmente individuare banchi di pesce o altre fonti di nutrimento. Questo sistema viene chiamato ecolocalizzazione.

Meccanismo di ecolocalizzazione degli Odontoceti.

Ruolo ecologico

I cetacei vengono spesso definiti come “ingegneri dell’ecosistema” in quanto contribuiscono in maniera determinante al ciclo degli elementi: nuotando sia in superficie che in profondità e facendo frequenti immersioni rimescolano i nutrienti presenti nella colonna d’acqua, rendendoli costantemente disponibili a tutti gli organismi marini.

La presenza dei cetacei è fondamentale anche per contrastare le emissioni di carbonio: questi animali sono infatti in grado di rimuovere anidride carbonica dall’atmosfera, immagazzinandola nei tessuti. Ma cosa vuol dire? Significa che sono uno strumento importantissimo per contrastare il cambiamento climatico dal momento che sostanzialmente svolgono la stessa funzione degli alberi, ma con una maggiore efficienza. Si stima infatti che un albero adulto riesca a rimuovere 21 kg di CO2 all’anno, mentre una balenottera arriva fino a 33 tonnellate!

Cosa mangiano?

Balene e balenottere (Misticeti) si nutrono di plancton, ovvero piccoli organismi sospesi nella colonna d’acqua. Gli Odontoceti invece hanno una dieta molto varia, che spazia da piccoli pesci, crostacei, molluschi (soprattutto totani e calamari), oppure possono essere predatori forti, come nel caso delle orche, che si cibano anche di piccoli mammiferi (tra cui le foche).

Riproduzione

Come tutti i mammiferi, anche i cetacei si riproducono sessualmente e il feto si sviluppa nella placenta della madre. La gestazione ha durata varia da 7 a 17 mesi e dopo la nascita è previsto un periodo di cure parentali in cui la madre (e in alcuni casi tutti i membri del gruppo) si dedica all’allattamento, allo sviluppo e all’educazione dei cuccioli.

Distribuzione nel Mediterraneo

Delle circa 85 specie presenti nel mondo, solo 8 sono comuni nel Mediterraneo. Tra queste c’è un solo Misticete, la balenottera comune, mentre gli altri sono tutti Odontoceti.

Testa di balenottera comune, evidente emimandibola destra bianca

BALENOTTERA COMUNE (Balaenoptera physalus)

È il cetaceo più grande del Mediterraneo, può raggiungere una lunghezza di oltre 20 m. Ha il corpo molto affusolato e la mandibola è bianca sul lato destro. Si riconosce facilmente per il caratteristico soffio che può raggiungere anche 5 m di altezza!

Vista laterale di capodoglio (Physeter macrocephalus) in immersione, è una specie comune nel Mediterraneo. Visibili macchie sul fianco

CAPODOGLIO (Physeter macrocephalus)

Nonostante le grandi dimensioni (gli adulti misurano dai 12 ai 18 m circa) è più vicino ai delfini che alle balene. Ha la testa molto grossa e leggermente squadrata, può occupare anche ⅓ della lunghezza totale dell’animale. Il capodoglio è una delle specie considerate “deep divers”, in riferimento alla spiccata capacità di immersione che gli consente di immergersi a profondità fino a 1000 m, con circa 45 minuti di apnea.

TURSIOPE (Tursiops truncatus)

È il delfino più grande presente nel Mediterraneo (fino a 3 m di lunghezza) ed è facilmente avvistabile sotto costa, solitamente in gruppi da 2-6 individui. Rispetto agli altri delfini che vivono nel “mare nostrum” ha il corpo più tozzo e una colorazione grigia più uniforme.

STENELLA STRIATA (Stenella coeruleoalba)

È il cetaceo più abbondante nel Mediterraneo. Gli adulti hanno una dimensione inferiore ai 2 m e si trovano spesso in gruppi molto numerosi: 30, 60 o anche 100 individui tutti insieme! Sono animali molto socievoli, è piuttosto frequente osservarli dalla prua della barca mentre “giocano” con la scia. È facilmente riconoscibile grazie alla colorazione: presenta una striatura grigio chiara sul fianco, attraversata da una striscia sottile nera che parte dall’occhio e si prolunga oltre la metà del corpo dell’animale.

Full leap di delfino comune (Delphinus delphis), nel Mar Mediterraneo - evidente la colorazione a clessidra sul fianco

DELFINO COMUNE (Delphinus delphis)

Nonostante il nome faccia pensare che sia molto presente nei nostri mari, in realtà ad oggi è piuttosto difficile da avvistare. In passato infatti è stato oggetto di battute di pesca ad ampio raggio che hanno decimato la popolazione nel bacino del Mediterraneo. Come forma e dimensione è molto simile alla stenella, ma si differenzia per un disegno “a clessidra” sul fianco di colore giallognolo.

Grampo tail spinning

GRAMPO (Grampus griseus)

Si riconosce per la caratteristica testa bombata e la pinna dorsale molto alta e arcuata. è un animale che normalmente misura dai 2,5 ai 4 m di lunghezza e quando nasce è di colore scuro, poi si schiarisce col tempo, anche a causa delle numerose cicatrici che si procura nelle frequenti lotte con i suoi simili. Non è un avvistamento molto comune nel Mediterraneo, ma se capita di incontrare dei grampi si trovano solitamente in gruppi di 5-10 individui.

GLOBICEFALO (Globicephala melas)

Facilmente riconoscibile dalla colorazione nera lucida, la testa grossa e globosa e la pinna dorsale definita “a cappello di puffo” per la sua forma arrotondata. Il globicefalo è un animale estremamente sociale, infatti normalmente si osserva in gruppi fino a 50 esemplari, di cui spesso è possibile ascoltare le vocalizzazioni che usano per comunicare tra loro.

Zifio in emersione, testa fuori dell'acqua

ZIFIO (Ziphius cavirostris)

Insieme al capodoglio è l’altro “deep diver” che frequenta il Mar Mediterraneo: può arrivare fino a 2000 m di profondità con apnee di più di 30 minuti! Gli adulti misurano dai 5,5 ai 7 metri di lunghezza e la colorazione è generalmente grigiastra, tendente al marrone rossiccio. La testa è piccola e ha una forma affusolata, con la mandibola che sporge oltre la mascella.

Minacce

Tutti i cetacei sono fortemente minacciati in tutti i mari del mondo, incluso ovviamente il Mediterraneo. La maggior parte delle specie qui presenti sono considerate “vulnerabili” o “in pericolo” secondo la IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura).

Inquinamento acustico - fonte NOOA Fisheries

Inquinamento acustico

 La principale minaccia per i cetacei è l’inquinamento acustico: tutto il rumore che l’uomo immette nell’ambiente marino danneggia questi meravigliosi animali. Il rumore deriva per la maggior parte dalle imbarcazioni (generato sia dalla chiglia che colpisce la superficie dell’acqua, sia dal motore), ma anche da impianti di trivellazione per il petrolio, impianti eolici o operazioni militari che utilizzano fonti rumorose come gli air-gun.

Il rumore antropico interferisce con i meccanismi di comunicazione dei cetacei (l’ecolocalizzazione) compromettendo i sistemi sociali e le abitudini alimentari. Inoltre in presenza di stimoli acustici esterni gli animali risultano fortemente stressati e le difese immunitarie diminuiscono, esponendoli più frequentemente a malattie o infezioni.

Inquinamento da plastica

Anche l’inquinamento fisico rappresenta un grosso problema: oltre il 95% dei rifiuti in mare aperto è costituito da plastica e ad oggi si stima che negli oceani ce ne siano più di 150 milioni di tonnellate. I cetacei e in generale tutti gli animali marini sono fortemente minacciati proprio dalla presenza di materiali plastici, che possono essere ingeriti, determinando un blocco digestivo, o avvolgere l’animale provocando soffocamento, strangolamento e possibile conseguente amputazione delle pinne (ad esempio a causa di attrezzi da pesca come lenze e reti).

Tursiope spiaggiato sulla costa ionica Calabrese per ingestione di plastica
Capodoglio intrappolato in una rete da pesca. I Cetacei del Mediterraneo sono fortemente minacciati dalla pesca commerciale

La pesca (Bycatch)

Inoltre, come tartarughe marine e squali, anche i cetacei possono essere vittime del bycatch, ovvero della cattura accidentale. Ovviamente gli strumenti da pesca non hanno come target i cetacei, che infatti vengono definiti “catture accessorie” in quanto non sono di interesse commerciale.

Capita però, purtroppo frequentemente, che questi animali rimangano intrappolati nelle reti a cui si avvicinano con la speranza di poter “rubare” il pesce (si parla in questo caso di “caccia opportunistica”). Agitandosi nel tentativo di liberarsi, finiscono ad avvolgervisi sempre di più: non potendo risalire in superficie per respirare, i cetacei che restano impigliati muoiono annegati o sviluppano problemi polmonari.

Tutte le specie che non hanno valore economico, una volta che vengono catturate accidentalmente, sono ributtate in mare al termine della battuta di pesca, indipendentemente che gli esemplari siano ancora vivi o già deceduti.

Traffico nautico

Non solo la pesca e l’inquinamento, ma anche il traffico nautico rappresenta un pericolo considerevole per i cetacei: talvolta possono essere coinvolti in collisioni con le imbarcazioni, che in alcuni casi risultano letali. Gli impatti con la chiglia e con l’elica delle barche possono provocare l’amputazione delle pinne e della coda, oppure in casi più gravi delle ferite profonde sul dorso che talvolta compromettono la funzionalità del sistema nervoso e conseguentemente la capacità di nuoto.

Stenella striata (Stenella coeruleoalba) deceduta sulla spiaggia Ionica calabrese. Operatori di Blue Conservancy sul posto per scoprire le cause del decesso.

Codamozza: un caso unico nel Mediterraneo

Tra i cetacei più conosciuti e tristemente famosi nel Mediterraneo vale la pena ricordare “Codamozza” (chiamata anche “Fluker”), una balenottera comune vittima del traffico nautico e degli attrezzi da pesca. L’animale è stato avvistato per la prima volta nel 2005 con un lobo della coda tagliato da una probabile collisione con l’elica di un’imbarcazione. Per anni non si sono più avute notizie, fino al 2019, quando è stato nuovamente osservato, ma stavolta con coda completamente monca. L’ipotesi più accreditata è che la balenottera sia rimasta impigliata in una rete da pesca che ha provocato una strozzatura e poi la conseguente naturale amputazione. Purtroppo un esemplare con questa menomazione ha difficoltà a nuotare e ad immergersi, quindi conseguentemente anche a procacciarsi il cibo. L’ultimo avvistamento documentato risale all’estate del 2020, in cui la balenottera è apparsa notevolmente debilitata e sottopeso, quindi ad oggi la mancanza di dati ci porta a pensare che probabilmente non sia sopravvissuta. Come Codamozza, sono tantissimi i cetacei (ma anche gli squali e le tartarughe) vittime dell’attività umana. Per salvaguardare gli oceani e in generale il nostro pianeta è necessario che ognuno di noi dia il proprio contributo, a partire dalle nostre abitudini quotidiane che devono essere sempre più sostenibili e consapevoli.

Codamozza: un'esperienza diretta

Erano le 7 di una mattina di inizio giugno, quando ricevetti una telefonata da parte di un amico che stava passeggiando in spiaggia: corri! C’è un capodoglio!

Senza perdere tempo, presi il drone e mi recai in spiaggia. Non potevo credere ai miei occhi, c’era davvero un grosso cetaceo sottocosta che nuotava in direzione Sud. In pochi secondi lo raggiunsi con il drone, ma appena visionate le prime immagini, capii subito che c’era qualcosa che non andava. 

Si trattava di una balenottera comune in evidenti difficoltà, ma c’era di più: il cetaceo non aveva la coda. Sul posto c’erano due persone che stavano uscendo in barca e chiesi loro se potevamo avvicinarci per capire meglio cosa era successo.

Speravo di aver interpretato male le immagini, ma arrivati sul posto non c’era più alcun dubbio. Il cetaceo era senza coda e visibilmente in difficoltà. Probabilmente impigliata in una rete da pesca o in rifiuti alla deriva gli avevano strozzato il peduncolo caudale, causando la cancrena prima e poi la perdita della coda.

È stata un’esperienza che mi ha colpito nel profondo. Vedere un animale di circa 15 metri così vulnerabile mi ha fatto davvero riflettere su quanto sono fragili gli ecosistemi marini.

Filippo Armonio (Presidente Blue Conservancy)

Roberta Fumagalli

L'autrice

Laureata in scienze biologiche all’Università di Milano Bicocca (2018), ha recentemente conseguito un Master Internazionale di I livello in Biologia Marina presso l’Università Politecnica delle Marche (2024). Nell’ultimo anno si è dedicata allo studio dei cetacei approfondendo gli aspetti di biologia e monitoraggio con il corso di formazione “Professione Cetologo” promosso dall’associazione Me.Ri.S (2024). Da sempre amante del mare e appassionata di biodiversità e conservazione, dal 2023 collabora con Blue Conservancy come volontaria.

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